“Mucche kamikaze”, la nuova strategia dell’Isis (in crisi) in Iraq

Due mucche camminano verso il villaggio di Al Islah, in Iraq. Una cosa normale se non fosse per il fatto che su quei bovini sono stati posizionati giubbotti esplosivi.
Una volta raggiunto il piccolo centro abitato gli ordigni sono stati fatti detonare a distanza dai miliziani dell’Isis: il bilancio è di due bovini morti, danni alle case vicine ma nessuna persona ferita.

Una mucca pronta per essere sacrificata nel giorno di Eid al-Adha, la festa del sacrificio, alla periferia di Kabul, Afghanistan  (EPA/JAWAD JALALI)

La storia, riportata dal New York Times e raccontata dal Colonnello Ghalib Al Atyia (portavoce del comando di polizia della provincia di Diyala) più che l’inizio di una nuova strategia da parte del terrorismo islamista sembra essere il segno della sua crisi.

Dopo una guerra di quattro anni i miliziani jihadisti hanno perso terreno, risorse e uomini: non possono più permettersi di perdere soldati o simpatizzanti della causa jihadista in operazioni con cinture esplosive. Da lì la decisione di optare per il “bovino shahid”, una sorta di “mucca martire”. Una scelta dispendiosa visto che in Iraq una mucca (da cui si ricava latte e carne) può costare oltre milleduecento dollari.

All’Isis però le mucche non sembrano mancare. La consegna dei bovini allo Stato Islamico è sempre stato un modo per mostrare fedeltà al Califfato da parte degli allevatori.

Non è la prima volta che gli animali vengono impiegati per compiere atti terroristici. Nel 2005 la polizia irachena ha segnalato casi di esplosivi posizionati sui cani (animali tradizionalmente poco amati nel mondo arabo). E in Afghanistan più volte è stato segnalato l’impiego di “asini-bomba” per colpire obiettivi NATO. 

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Libri e shari’a: ecco come funziona la scuola nello Stato Islamico

Guerra e decapitazioni. Barbe lunghe e kalashnikov. Campi d’addestramento e martiri. Ma l’Isis non è solo questo. Il consolidamento dello Stato Islamico parte dai banchi di scuola. E’ nelle madrase che dal giugno scorso si studia su libri nuovi, volumi epurati dalla gerarchia dell’Isis per essere conformi ai dettami della shari’a.

I libri di fisica e di chimica contengono molte leggi empie, dobbiamo stare attenti a non contaminare le menti dei bambini che studiano nei territori controllati dall’Isis”, ha raccontato al sito Syria Deeply Balqis, una ex professoressa di Raqqa, la città siriana capitale del Califfato nero.

E’ da questa città che il nuovo “verbo” viene diffuso. E’ qui che inizia la formazione dei nuovi insegnanti e una “rivisitazione ed epurazione” dei programmi di studio tradizionali. Perchè dall’insediamento del nuovo Califfo, matematica, fisica, storia e chimica si studiano su libri rivisti e corretti in modo da non contraddire le leggi di Allah.

Prima dei campi di addestramento militare, sono le pagine dei nuovi libri che plasmano la mente e il cuore dei jihadisti di domani. Aboliti i curriculum precedenti, i residenti hanno dovuto bruciare i vecchi manuali scolastici oggi considerati una violazione della legge divina. Chi non si è voluto piegare alle nuove regole è stato costretto a scappare.

Una sezione femminile di una scuola a Raqqa (Al Shurfa)

Una sezione femminile di una scuola a Raqqa (Al Shurfa)

Chi garantisce il rispetto delle norme è la Brigata al Khansaa, un gruppo di sole donne nato dopo la nascita del Califfato. Questo gruppo ha organizzato a Raqqa un seminario per  la formazione degli insegnanti a cui ha partecipato anche Balqis, la ex professoressa siriana poi fuggita in Turchia, da dove ha raccontato la sua storia.

Per 6 mesi noi insegnanti non abbiamo ricevuto lo stipendio dal governo. Mio marito è stato arrestato dall’Isis. Ho deciso di unirmi al gruppo insegnanti dello Stato Islamico: pensavo che se avessi collaborato con loro mio marito sarebbe stato liberato…e poi avevo bisogno di guadagnare qualcosa per la mia famiglia e i miei figli… Tutto è diventato più costoso dopo l’inizio dei bombardamenti della coalizione.

Sono andata al Centro educativo della città ora rinominato “Institution of Ayesha Om al-Moamneen” (il nome della moglie di Maometto). C’era un forte profumo di incenso e niente era più come prima. Tutti i libri erano stati portati via, tutto era coperto con drappi neri…gli unici libri che si potevano trovare erano volumi sulla giurisprudenza islamica […] C’erano molte copie di un libro chiamato “La guida del credente”, che veniva distribuito insieme ad altri libricini su temi religiosi. Prima in quel posto c’era un teatro adibito a eventi culturali, ora c’è un grande tavolo sommerso di libri sul monoteismo, la giurisprudenza e altre materie islamiche.

Dopo 10 minuti un gruppo di donne è entrato nel teatro indossando un chador, un vestito che copre tutto il corpo come quelli che si usano in Afghanistan, molto diverso da quelli che usiamo in Siria. Una delle donne si è alzata il velo mostrando il volto. Ha posato la sua pistola sul tavolo mentre le altre donne rimanevano in piedi accanto a lei, armate, senza mostrare il loro viso. La situazione era tesa e avevamo paura. Una di loro ci ha consegnato alcuni fogli su cui si trovavano le nuove istruzioni da seguire nelle scuole. La donna ha iniziato il suo discorso recitando alcuni versi del Corano. […] si esprimeva in arabo classico… parlava del ruolo dell’Isis […] nel contrastare l’Occidente e gli infedeli. Poi ha parlato dei doveri di noi insegnanti. Il suo tono è diventato più tagliente… è diventato ancora più duro quando si è messa a parlare della blasfemia dei vecchi programmi di insegnamento.

Bambini in una classe a Deir al Zur, città sotto il controllo dello Stato Islamico (Al Shurfa)

Bambini in una classe a Deir al Zur, città sotto il controllo dello Stato Islamico (Al Shurfa)

La donna ripeteva che i nostri libri di poesia […] i libri di scienze erano pieni di bugie, blasfemia e manipolazioni…diceva che in quei testi la creazione di Dio era stata corrotta per propositi mondani… […] diceva che la genetica e la teoria di Darwin non hanno niente a che fare con la verità ma che erano un modo per mettere in discussione e indebolire il nostro credo in Dio. Ha detto lo stesso della fisica e della chimica, materie che contengono molte leggi impure. Ci ha ripetuto che dobbiamo stare attenti a non corrompere le menti dei nostri bambini.

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Isis, “largo ai giovani”: il campo di addestramento dei baby mujahidin

Bambini soldato nel campo di addestramento dell'Isis (You Tube)

Bambini soldato nel campo di addestramento dell’Isis (You Tube)

Ragazzini vestiti di nero, in fila, uno vicino all’altro. L’insegnante barbuto si avvicina. E inizia a colpire le giovani reclute. Pugni al petto e in pancia. Poi arrivano i calci: colpi alle ginocchia, agli stinchi e al petto. I ragazzi (avranno sì e no 12-13 anni) vengono fatti sdraiare per terra: il maestro li colpisce allo stomaco e li fa rialzare al grido di Allah akbar, Dio è grande. Benvenuti nel campo di addestramento per baby mujahidin “gestito” dall’Isis.

E’ dima’ al jihad 2, il “sangue del jihad 2”, ennesimo video messo online dalla rete terroristica autoproclamatasi stato nel cuore di Iraq e Siria. Il filmato è stato girato nel governatorato di Ninawa, nel nord ovest dell’Iraq all’esterno di un palazzone abbandonato. E’ qui che vanno in scena gli addestramenti delle nuove reclute del Califfo. E dopo il campo per gli uomini (diffuso nel video dima’ al jihad 1ecco quello per i più giovani, i futuri combattenti al servizio di Al Baghdadi.

I bambini vengono presi a pugni e calci dal loro maestro ma non piangono, qualcuno addirittura sorride. Questi giovani sanno che con questi allenamenti si preparano a diventare eroi o, se saranno fortunati, martiri.

Nel campo di addestramento dell'Isis (You Tube)

Nel campo di addestramento dell’Isis (You Tube)

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Isis, quei campi d’addestramento con armi, equipaggiamento e mujahidin americani

campi addestramento Isis

Cento ragazzi che strisciano nella sabbia tra le pallottole. Cento ragazzi che diventano combattenti. Cento ragazzi pronti a morire per il loro Califfo. Sono gli shabab, le nuove reclute dello Stato Islamico che in fila, vestiti di bianco, frequentano uno dei tanti campi di addestramento nel cuore del Califfato. E’ dima’ al jihad, “sangue del jihad”, l’ultimo video diffuso dallo Stato Islamico che racconta la formazione dei giovani combattenti dell’Isis. Continua a leggere

Vita nel Califfato, tra manichini velati, chiese distrutte, bombe Usa e viaggi di nozze

 

isis elia

Miliziani dello Stato Islamico a Raqqa, Siria (Ap)

Teste mozzate, coltellacci insanguinati, bandiere nere e folle di barbuti che imbracciano un fucile gridando al mondo la grandezza di Allah. Sono i mujahidin dell’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, gruppo terrorista sunnita che nel mondo arabo chiamano Da’ish. Le imprese di questi soldati che con il volto coperto e vestiti di nero promettono morte agli infedeli hanno preso in contropiede il mondo dell’intelligence (americani e sauditi su tutti) rimasto stupito della rapidità del successo militare. Agli occhi degli analisti questo gruppo terrorista sembrava poco più di un insieme di fanatici, come ce ne sono tanti in Medio Oriente. Questo fino alla sera del 29 giugno scorso quando, all’inizio del Ramadan, veniva proclamata la restaurazione del Califfato Islamico, una resurrezione 100 anni dopo la fine del Califfato Ottomano, defunto alla fine della Prima Guerra Mondiale. Ora il Califfato è rinato e alla sua guida c’è Ibrahim Abu Bakr al Baghdadi, l’esperto di studi teologici iracheno che ha guidato i suoi alla conquista del Medio Oriente. Nelle siriane Raqqa, Dei aZ-Zur, e nelle irachene Falluja, Tikrit e soprattutto Mosul (la seconda città dell’Iraq con 2milioni e 800 mila abitanti, poco meno di Roma) oggi sventola la bandiera nera. Una cavalcata trionfale che ha attirato l’attenzione dei governi di tutto il mondo preoccupati per il fascino che questo stato dei “puri” sta avendo sui giovani sparsi in tutto il mondo. Ecco allora l’invio di droni americani: Washington è preoccupata per l’incolumità dei suoi connazionali, per quella dei cristiani d’Oriente e, soprattutto,  per la diffusione di un movimento che ha come obiettivo quello di “far sventolare la bandiera nera sopra la Casa Bianca”. In queste ore aerei senza pilota stanno colpendo postazioni strategiche nello Stato Islamico. Ma i danni non sembrano fermare il gruppo di Al Baghdadi che dopo gli scontri a fuoco contro l’esercito iracheno e curdo lavorano giorno e notte al rafforzamento di uno Stato dove la parola di Allah è legge. Continua a leggere

Quando la spazzatura diventa arte. Una storia da Baghdad

Per le strade di Baghdad lo chiamano l’uomo spazzatura, certo non per fargli un complimento. Ma Akeel Kharif non se l’è mai presa e ha sempre continuato a collezionare tutto quello che la gente buttava. Ogni oggetto gettato dalla finestra o abbandonato sul bordo di una strada (e non sono pochi nella capitale irachena) viene recuperato e trasformato in un pezzo da esposizione.

Nelle strade della madina le sue rivisitazioni in chiave araba dell’arte povera non sono particolarmente apprezzate. Eppure la passione di questo ragazzo iracheno che si ispira a Picasso e Braque, e che fa di lui una specie di “Pistoletto babilonese”, non sono passate inosservate. Il Ministro dell’Ambiente iracheno ha deciso di premiare lo slancio creativo di Akeel sponsorizzando un’esposizione e promettendogli un posto al ministero.

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