Gas, sharia e diplomazia: la ricetta del Qatar, il piccolo gigante mediorientale

Ahlan bikum fi Qatar. Benvenuti in Qatar, un paese grande meno della metà del Piemonte, senza una tradizione calcistica alle spalle ma con tantissimo gas naturale e preziose alleanze internazionali. La piccola monarchia del Golfo, indipendente dal 1971, non ha mai partecipato a un Mondiale ma, battendo il record della Svizzera (host del torneo nel 1954), sarà il più piccolo paese ad aver mai ospitato la competizione.
 

L’Emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani

Sulle spalle degli stranieri – In Qatar vivono poco meno di 3 milioni di persone, ma solo 350mila hanno nazionalità e passaporto qatariota. Tutti gli altri (l’88% della popolazione) sono lavoratori stranieri, provenienti soprattutto da India, Pakistan, Bangladesh e Nepal. Sono loro ad aver reso possibile il sogno degli sceicchi, costruendo stadi dotati di aria condizionata, un nuovo aeroporto, una nuova rete di trasporti, 100 nuovi hotel e la città attorno al Lusail Stadium dove si giocherà la finale. Una massa di operai sottopagati (il salario medio è circa 300 dollari al mese) che vivono in compound-dormitori fuori dal centro città lavorando in condizioni che Amnesty International ha paragonato ai lavori forzati. Fino al 2020 era in vigore la kafala, un sistema che permetteva ai datori di lavoro di sequestrare i passaporti degli operai per evitare che lasciassero il paese o cambiassero mestiere. Secondo il Guardian, il più autorevole quotidiano inglese, oltre 6.750 operai originari di India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka sono morti dal 2010 (anno dell’assegnazione del Mondiale) al 2020: in media dodici decessi alla settimana. Il governo di Doha parla di numeri gonfiati, conferma “solo” trentasette morti nei cantieri e ricorda la recente abolizione della kafala, l’introduzione del salario minimo mensile e un sistema di risarcimento per le famiglie dei lavoratori. Troppo poco per molti tifosi che hanno già annunciato il boicottaggio della prima Coppa del Mondo mediorientale. Sotto accusa non solo il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori stranieri ma anche le limitazioni alla libertà di espressione e il divieto delle relazioni omosessuali punite fino a sette anni di carcere. Nel paese musulmano dove “la sharia è la principale fonte del legislatore” (così recita il primo articolo della Costituzione qatariota), è proibita anche la vendita di alcool: i tifosi – ne sono attesi un milione e duecentomila – potranno bere alcolici solo in bar con speciale licenza o negli hotel internazionali, mai in pubblico.

Lavoratori in un cantiere di Doha, Qatar

 

Gas e diplomazia – Il Qatar è il terzo paese al mondo per riserve di gas naturale dietro a Russia e Iran. Ricco anche di petrolio, ha deciso di differenziare la propria economia per non essere dipendente dagli idrocarburi: con il Qatar Investment Authority – il decimo fondo sovrano più grande al mondo – ha da tempo iniziato a investire in finanza, arte, innovazione, marchi di lusso e calcio (è proprietario del Psg di Messi, Neymar e Mbappé). Questi investimenti hanno permesso di ampliare e consolidare la fitta rete di alleanze internazionali che seppur ambigue e a prima vista contradditorie, hanno reso la monarchia dell’Emiro Tamim bin Hamad Al Thani un piccolo gigante della diplomazia. Il Qatar ha infatti rapporti di buon vicinato (non privi di tensione) sia con l’Arabia Saudita sunnita, sia con l’Iran sciita (con cui condivide un giacimento di gas sottomarino). E’ alleato degli Usa (ospita circa 10mila soldati statunitensi nella base aerea di Al Udeid), ma è anche in buone relazioni con Russia, Cina e i talebani che dal 2013 hanno aperto a Doha l’unico ufficio di rappresentanza fuori dall’Afghanistan. Finanziatore dei Fratelli Musulmani, ha stretti legami con Hamas, movimento islamista palestinese che ha tra i suoi obiettivi la distruzione di Israele. Nonostante non abbia rapporti diplomatici con lo Stato Ebraico, la monarchia del Golfo ha ospitato per anni un ufficio commerciale di Gerusalemme e ora permetterà per la prima volta ai cittadini israeliani di entrare nel paese per assistere alla Coppa del Mondo.

Centro di estrazione del gas ad Al Khor, Qatar

Critiche e influncer – Il Qatar ha sempre respinto le accuse di aver corrotto i vertici della FIFA per garantirsi l’assegnazione del Mondiale. Ma questo non ha fermato le dure critiche (in aumento con l’avvicinarsi della partita inaugurale) da parte di organizzazioni per i diritti umani, giornali, tv e personaggi pubblici di mezzo mondo. Prese di posizione che hanno infastidito l’Emiro Al Thani (non abituato al dissenso) che ha parlato di “campagna diffamatoria senza precedenti” contro un paese organizzatore. Ma ormai manca poco al fischio d’inizio. E l’Emiro vuole che tutto sia perfetto. Mentre Al Jazeera, emittente nata a Doha nel 1996, continua a promuovere nei suoi canali in arabo e in inglese le meraviglie della prima Coppa del Mondo in Medio Oriente, il governo qatariota ha invitato a sue spese oltre 1500 tifosi, provenienti dai 32 paesi che partecipano al torneo. Tra loro molti influencer che dovranno promuovere il Mondiale sui social network: richiesti solo contenuti “positivi”, da evitare qualunque forma di critica.

Twitter@elia_milani

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