Voci dal suq

Con Abu Paolo nella “sua” Mar Musa

Seduto sui tappeti della chiesa con gli occhi chiusi, concentrato sulle parole della liturgia recitata in italiano, inglese e arabo. Nel buio che avvolgeva la piccola cappella di Mar Musa, il monastero arroccato su una montagna del deserto siriano, le candele accese evidenziavano i tratti del volto di padre Paolo Dall’Oglio. E’ l’immagine del gesuita che mi è rimasta impressa nella mente. Anche se l’ho incontrato altre volte, durante conferenze a sostegno del popolo siriano, la sua forza di spirito percepita in quell’agosto del 2008 è ancora scolpita nella mia memoria.

Padre Paolo Dall'Oglio

Padre Paolo Dall’Oglio

Paolo Dall’Oglio, o Abu Paolo come lo chiamano gli arabi, è un omone imponente di 58 anni, occhiali spessi, barba da saggio e un fare gentile ma deciso. Quando lo osservavo accogliere i turisti nella “sua” Mar Musa era chiaro chi avevo davanti: un uomo tenace, un gesuita che ha messo in campo la propria vita per passione, per seguire un’ideale. Nel 1982 rifondò il monastero per ospitare sia i cattolici sia gli ortodossi, evento che ha portato alla nascita del santuario di Mar Musa, una comunità spirituale ecumenica mista che promuove il dialogo tra cristianesimo e islam.

Ed è stato proprio il suo attivismo, la sua richiesta di autodeterminazione per il popolo siriano a renderlo “indesiderato” agli occhi del regime del dittatore Assad. La sua voce stava diventando troppo forte, e così, dopo 30 anni trascorsi in mezzo alle rocce che hanno ospitato eremiti e anacoreti, Abu Paolo è stato espulso dalla Siria.

Cristiani, ortodossi, musulmani, drusi, armeni, curdi: tutti possono vivere insieme. Il melting pot siriano è una ricchezza non un ostacolo per una Siria libera. Questo il messaggio di pace di Paolo che va oltre la situazione siriana. Il gesuita era arrivato a Raqqa sabato scorso. Lì, nel nord della Siria, era stato accolto dai ragazzi della rivoluzione come una rockstar e, microfono alla mano, aveva ribadito le sue idee, come ha sempre fatto.

“Sono con voi e spero in una Siria libera”, ha detto denunciando implicitamente il silenzio assordante e l’indifferenza internazionale che circondano il conflitto siriano. Ora di lui si sono perse le tracce. Spero di rivederlo in azione presto: perchè per uscire dall’impasse siriano c’è bisogno di persone come lui.

@elia_milani

 

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