Voci dal suq

Nasi rossi nel campo profughi

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Nel campo profughi di Sabra e Shatila, Beirut

Un pagliaccio con il naso rosso e i capelli spettinati corre con una chitarra in mano per le stradine sporche alla periferia di Beirut. Dietro di lui una folla di bambini e altri tre clown. Tra le mani agitano un tamburello e un ombrello colorato anche se da queste parti è raro che il sole stia nascosto dietro le nuvole. I pagliacci sono Kevin, Geraldine, Francoise e Virginie, i volontari dell’associazione Clowns and Magicians Without Borders, gruppo nato 10 anni fa in Belgio con uno scopo: far tornare a sorridere i bambini che, a causa della guerra, hanno ormai dimenticato come si fa.

Quando si parla di Siria e Libano c’è poco da ridere. I “clown senza frontiere” lo sanno bene. Ecco perché hanno deciso di portare un po’ di normalità nelle infanzie interrotte di migliaia di bambini in fuga dal loro paese martoriato da un conflitto che dura da più di tre anni. In Libano sono quasi 500mila i bambini siriani profughi, sfuggiti soli o con le proprie famiglie a una guerra fratricida. Questi bambini hanno ancora nelle orecchie il rumore delle bombe. Ma Kevin, Geraldine, Francoise e Virginie sperano che il suono dei tamburelli e delle loro chitarre li possa distogliere da quel ricordo di morte.

Il viaggio di questi “pagliacci senza frontiere” in Medio Oriente ha toccato Beirut, la valle della Bekaa, Tripoli ed è finito il 30 aprile. Ma la loro missione non si ferma. Dopo il Libano tutti di corsa in Afghanistan, sempre fedeli al loro motto, le parole del comico danese Victor Borge: “la risata è la distanza più breve tra due persone”.

twitter@elia_milani

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