Al confine tra Israele e Libano: tra bunker antimissile, cecchini e un nuovo muro di protezione

Betzalel Lev-Tov, residente a MIsgav Am, un kibbutz sul confine tra Israele e Libano (Elia Milani)

Betzalel ha 65 anni, una lunga barba grigia e occhiali da sole da cui non si separa mai. “Vedi quella casa laggiù”, mi dice indicando la cima di una collinetta distante 300 metri. “L’hanno appena costruita: dentro ci sono i cecchini”. Betzalel vive a Misgav Am, un piccolo kibbutz nel nord di Israele a pochi metri dal confine con il Libano: 350 residenti e oltre 30 bunker antimissile. “Dentro un bunker puoi vivere tutta la vita”, dice sorridendo mentre scendiamo le scale dirette al rifugio. “Qui c’è tutto: la doccia, un bagno, cibo, la televisione. Ora ci troviamo in un bunker… Continua a leggere


Il Mondiale a Beirut tra bandiere, attentati, campi profughi e tv israeliane

La bandiera tedesca sventola sopra le case del campo di Shatila poche ore prima della partita con il Brasile (foto Elia Milani)

La bandiera tedesca sventola sopra le case del campo profughi di Sabra e Shatila poche ore prima della partita Brasile-Germania (foto Elia Milani)

Adam aveva previsto tutto. I “panzer” tedeschi avrebbero stravinto contro il Brasile e l’Argentina avrebbe battuto l’Olanda. “I verdeoro sono la squadra di casa, ma la mia Germania è la più forte”, aveva detto qualche giorno fa. “L’Argentina ha Messi, non c’è altro da dire”. Adam ha 6 anni, faccia rotonda, capelli corti e una passione per al kura, il calcio. È nato nel campo profughi di Sabra e Shatila, nella periferia di Beirut. Tra le stradine umide e sporche del campo abitato da quasi 20mila palestinesi ha imparato a palleggiare proprio come Messi, il suo idolo. Suo fratello Yousef, 14 anni, va invece pazzo per Cristiano Ronaldo e per la Seleção. “Ho visto tutte le partite del Brasile con i miei amici con la faccia colorata di verde”, racconta mentre, tra una partita a Candy Crash e l’altra, mostra sul mini tablet di famiglia le foto delle serate passate a vedere il team di Scolari in azione. Adam e Yousef sono due bambini palestinesi, figli di Ahmad, 42 anni, imbianchino con la passione per lo sport, fondatore di una squadra di calcio e del primo team di basket femminile di Beirut, dove gioca anche Aziza l’altra figlia di 15 anni. “Preferisco che i miei ragazzi giochino sotto i miei occhi”, racconta Ahmad. “Non sai mai cosa può succedere giocando per le strade qui a Beirut…”

Adam, 6 anni, nella sua casa nel campo profughi di Sabra e Shatila (foto Elia Milani)

Adam, 6 anni, nella sua casa nel campo profughi di Sabra e Shatila, Beirut (foto Elia Milani)

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Nasi rossi nel campo profughi

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Nel campo profughi di Sabra e Shatila, Beirut

Un pagliaccio con il naso rosso e i capelli spettinati corre con una chitarra in mano per le stradine sporche alla periferia di Beirut. Dietro di lui una folla di bambini e altri tre clown. Tra le mani agitano un tamburello e un ombrello colorato anche se da queste parti è raro che il sole stia nascosto dietro le nuvole. I pagliacci sono Kevin, Geraldine, Francoise e Virginie, i volontari dell’associazione Clowns and Magicians Without Borders, gruppo nato 10 anni fa in Belgio con uno scopo: far tornare a sorridere i bambini che, a causa della guerra, hanno ormai dimenticato come si fa. Continua a leggere