“Mamma vado in Siria a combattere la guerra santa”

Tedeschi, francesi, belgi, e svedesi. E poi tunisini, iracheni, libanesi. Tutti uniti da un’unica passione: la guerra santa, il jihad. La Siria sembra essere diventata un bacino di attrazione per gli estremisti provenienti da ogni parte del pianeta. Tutti volenterosi di abbracciare un fucile, indossare una divisa militare e urlare al cielo “Allahu akbar”, Dio è grande, durante una battaglia per la liberazione del paese oppresso da Bashar al Assad.

Se è difficile avere una stima accurata dei volenterosi che nel mondo arabo hanno abbandonato la famiglia per unirsi alla nuova guerra santa, tutto è più facile se ci si limita alla sola Europa. Stando a un report del King’s College London, sono più di 600 gli aspiranti martiri che, dopo aver abbracciato l’Islam, hanno abbandonato famiglia e amici nel Vecchio Continente per prendere parte al conflitto iniziato nel marzo 2011 che ha causato finora più di 70mila morti. Si tratta di nuovi jihadisti europei provenienti da 14 paesi diversi tra cui Austria, Gran Bretagna, Germania, Spagna, Svezia, Irlanda e Belgio.

Battaglia ad Aleppo: più di 600 ragazzi europei hanno lasciato il loro paese per combattere con i ribelli in Siria (Ansa)

“Mio figlio, il terrorista” – Tra di loro c’è Jejoen Bontinck, 18enne di Anversa, Belgio. La passione per l’Islam radicale è nata guardando i video su You Tube, definito non a caso il “principale reclutatore di terroristi”. Il ragazzo due anni fa ha lasciato la danza hip hop e si è avvicinato alla religione del Profeta entrando nel gruppo La sharia per il Belgio. “Gli hanno fatto il lavaggio del cervello”, continua a ripetere incredulo il padre Dimitri intervistato dai media di tutto il Paese.
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Con velo e manette: Amina in tribunale dopo la protesta a seno nudo

Amina Sboui, la Femen tunisina (Afp)

Amina Sboui, la Femen tunisina (Afp)

Le manette ai polsi. Il velo bianco che cade disordinato sulla testa e che incornicia due occhi spauriti. Amina è tornata ad essere una ragazza di 19 anni abbandonando quella veste di lottatrice che, a seno nudo, ha sfidato la tradizione tunisina urlando la sua voglia di cambiamento al mondo intero. Amina Sboui (che si fa chiamare Amina Tyler) è la Femen tunisina che combatte la tradizione mostrandosi nuda in segno di protesta contro un sistema che non sente più suo. L’ultima contestazione in pubblico (coincisa con il suo arresto) il 19 maggio scorso davanti alla Grande moschea di Kairouan, con i radicali salafiti riuniti per una manifestazione in città. Nella stessa Kairouan si è presentata il 5 giugno circondata da agenti di polizia che la scortavano davanti al giudice istruttore. Dopo le proteste è arrivato il momento di rispondere alla legge tunisina. Come tutte le detenute è stata costretta a indossare un sefseri, un velo chiaro che la copriva dalla testa ai piedi nascondendo i suoi capelli biondo platino.

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