Irhal irhal, vattene, urla in coro piazza Tahrir in diretta mondiale. La piazza da tempo simbolo del mondo musulmano brama democrazia ma si ritrova, paradossalmente, a cercare l’appoggio di un esercito corrotto che di fatto non è mai uscito di scena. Ed ecco che, cacciati dalla finestra, i militari rientrano dalla porta d’ingresso. Perchè oggi l’odio per Morsi, il cattivo accusato di voler islamizzare il Paese, è maggiore di quello per l’esercito che in queste ore si è messo alla guida dell’ennesimo colpo di stato all’ombra delle piramidi. Morsi, il leader dei Fratelli Musulmani eletto presidente solo un anno fa superando di poco un ex ministro di Mubarak viene così deposto, e ai domiciliari è costretto a trattare.
Il rischio di instabilità cresce. “Ho paura del caos”, mi scrive Ronak, un’ amica curda di Damasco sfuggita all’inferno siriano e ora costretta a vivere l’ennesimo colpo di stato egiziano.