Irhal irhal, vattene, urla in coro piazza Tahrir in diretta mondiale. La piazza da tempo simbolo del mondo musulmano brama democrazia ma si ritrova, paradossalmente, a cercare l’appoggio di un esercito corrotto che di fatto non è mai uscito di scena. Ed ecco che, cacciati dalla finestra, i militari rientrano dalla porta d’ingresso. Perchè oggi l’odio per Morsi, il cattivo accusato di voler islamizzare il Paese, è maggiore di quello per l’esercito che in queste ore si è messo alla guida dell’ennesimo colpo di stato all’ombra delle piramidi. Morsi, il leader dei Fratelli Musulmani eletto presidente solo un anno fa superando di poco un ex ministro di Mubarak viene così deposto, e ai domiciliari è costretto a trattare.
Il rischio di instabilità cresce. “Ho paura del caos”, mi scrive Ronak, un’ amica curda di Damasco sfuggita all’inferno siriano e ora costretta a vivere l’ennesimo colpo di stato egiziano.
“Mi inquieta il fatto che l’opposizione, obnubilata dalla sua ostilità ai Fratelli Musulmani, abbia ridato legittimità ai membri del vecchio regime presenti nell’apparato statale, nella polizia, nelle istituzioni giudiziarie, a tutti i livelli”, dice il giornalista francese Alain Gresh.
Ora la road map per uscire dall’impasse verrà disegnata dai leader religiosi sunniti di Al Azhar, dal capo della Chiesa copta e da El Baradei, il leader dell’opposizione tanto amato in Occidente ma privo di un vasto sostegno del paese. Ma i traghettatori della rivoluzione restano loro, i militari, una garanzia in Egitto, rappresentati da Abdul al Sisi, il capo delle forze armate che, pacatamente, ha annunciato il colpo di stato “soft”, promettendo che non ci sarà nessuno spargimento di sangue.
Ma la strada è ancora lunga. Prima un governo di transizione, poi le elezioni parlamentari e presidenziali. Intanto alla gente non resta che urlare di gioia: ancora una volta è stata la piazza ad innescare un cambiamento epocale in Egitto. Una gioia che tutti sperano possa durare nel paese che, dopo l’immobilismo degli ultimi decenni, continua a cambiare pelle alla ricerca di una vera stabilità.
C’è però il rischio che, nella nazione simbolo del cambiamento di tutto il mondo arabo, si trascuri l’economia. Perchè, come ha detto Olivier Roy oggi sul Corriere della sera, se non si riesce a far ripartire l’economia e il turismo tra pochi mesi la piazza si riempirà di nuovo. Per protestare contro un altro rais sostenuto dai militari.
@elia_milani