Ebrei e musulmani per una volta d’accordo: niente scommesse sul Mondiale di calcio

Le partite Portogallo-Iran e Spagna-Marocco viste in contemporanea su pc e tv (foto Elia Milani)

Da giorni sono entrato in pieno mood Mondiale. Cerco di non perdermi nemmeno una partita (guardandone anche più di una in contemporanea: una in tv, l’altra sul pc). Forte delle mie convinzioni da pseudo-esperto maturate davanti allo schermo – mentre ascolto telecronache in inglese, arabo, ebraico o francese – ho deciso di scommetere. Questa sera c’è Germania-Svezia e sono convinto che i tedeschi perderanno. Non avendo un account su un sito di scommesse online decido di iscrivermi al portale italiano della Snai: l’obiettivo è puntare sulla vittoria secca della Svezia. Dopo aver complilato il lungo modulo di iscrizione, sullo schermo… Continua a leggere


La mossa di Trump e il rischio di un conflitto tra Israele e Iran

“Una situazione complessa”. Una frase diplomatica usata dal presidente russo Vladimir Putin per dire che in Medio Oriente si rischia una guerra regionale con esiti impossibili da prevedere. Il leader del Cremlino ha ricevuto oggi a Mosca il premier israeliano Netanyahu durante il 73esimo anniversario della Giornata della Vittoria che celebra la fine della Seconda Guerra Mondiale e la sconfitta del nazismo.

L’incontro tra Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu a Mosca

Dopo la parata nella Piazza Rossa Putin ha parlato con il premier israeliano di Siria e Iran, i due fronti caldi che rischiano di far ripiombare il Medio Oriente nel caos. Perché dopo la decisione di Trump di uscire dall’accordo sul nucleare firmato con la Repubblica Islamica nel 2015 la regione ribolle e i conflitti tra nemici storici si acuiscono. Continua a leggere



Al confine tra Israele e Libano: tra bunker antimissile, cecchini e un nuovo muro di protezione

Betzalel Lev-Tov, residente a MIsgav Am, un kibbutz sul confine tra Israele e Libano (Elia Milani)

Betzalel ha 65 anni, una lunga barba grigia e occhiali da sole da cui non si separa mai. “Vedi quella casa laggiù”, mi dice indicando la cima di una collinetta distante 300 metri. “L’hanno appena costruita: dentro ci sono i cecchini”. Betzalel vive a Misgav Am, un piccolo kibbutz nel nord di Israele a pochi metri dal confine con il Libano: 350 residenti e oltre 30 bunker antimissile. “Dentro un bunker puoi vivere tutta la vita”, dice sorridendo mentre scendiamo le scale dirette al rifugio. “Qui c’è tutto: la doccia, un bagno, cibo, la televisione. Ora ci troviamo in un bunker… Continua a leggere


Isaac, il sopravvissuto alla Shoah costretto a vendere accendini per le strade di Israele

Come ogni mattina Isaac si sveglia, fa colazione con la moglie Golda mentre accarezza i suoi gatti Shula e Lucky. Insieme all’inseparabile bastone esce dal suo appartamento al quarto piano di una palazzina alla periferia di Beer Sheva e, a fatica, scende le sette rampe di scale spingendo avanti a sé il carrello pieno di oggetti che spera di vendere per strada durante il corso della giornata.

Isaac, Beer Sheva, gennaio 2018

“Ogni giorno, dal mattino, mi metto a vendere penne, pile e accendini per portare a casa qualche soldo in più”, racconta Isaac mentre sistema su una coperta marrone i barattoli pieni di oggetti comprati a uno shekel e rivenduti a due. “Qui a Beer Sheva c’è una grande università e molti studenti si fermano a comprare qualcosa. Al giorno porto a casa l’equivalente di 10-15 euro”.

Isaac è un superstite della Shoah, uno degli 85mila ebrei sopravvissuti all’Olocausto che vivono sotto la soglia di povertà. E a 81 anni non avrebbe mai pensato di finire a vendere accendini per strada. 

Isaac Segal, 81 anni, sopravvissuto alla Shoah

Oggi Isaac è malato e non ce la fa ad arrivare a quella che chiama “la sua postazione”, il supermercato a 300 metri da casa dove tutti lo conoscono. “La gente gli vuole bene, gli compra spesso qualcosa da mangiare”, racconta la commessa Hanna. “Fa male vedere una persona con la sua storia costretta a fare l’ambulante”.

“Molti gli fanno piccole offerte”, dice Bar, giovane addetto alla sicurezza. “A quel punto lui inizia a raccontare lunghe storie sull’Olocausto e su quello che ha passato quando era in Romania durante la guerra”.

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Perché prima di diventare un povero anziano costretto a fare il venditore ambulante per comprarsi da mangiare Isaac ha provato sulla sua pelle la vera sofferenza: aveva 8 anni quando la seconda guerra mondiale ha sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia.

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Nazionalisti, pacifisti, bamboccioni e ultraortodossi: giovani israeliani alle prese con la leva militare

Eden e Neriya parlano del loro futuro con occhi sognanti: tra pochi mesi lasceranno le loro famiglie per andare a combattere con Tzahal, l’esercito israeliano. Saranno tre anni di servizio militare per Neriya, due per Eden. “Non abbiamo paura, ora tocca alla nostra generazione difendere la nostra terra”.

Neriya e Eden, studenti del “pre-army program” nella scuola di Kfar Adumim, Cisgiordania

I due ragazzi, entrambi 18 enni, raccontano i loro sogni seduti dentro l’aula di una Mehina (una scuola preparatoria alla carriera militare) mentre tengono tra le mani il loro libro preferito, un volume azzurro sulla storia del Sionismo. Questa scuola si trova a Kfar Adumim, in una terra che gli israeliani chiamano Giudea, che i palestinesi chiamano Palestina e che la comunità internazionale definisce territorio occupato.

Eden e Neriya fanno parte di quella fetta della società israeliana che crede fortemente nei valori della patria e che non vede l’ora di servire il proprio paese così come hanno fatto in passato fratelli, sorelle e prima ancora i genitori.

 

CLICCA E GUARDA IL SERVIZIO SULLE STORIE DEI GIOVANI ISRAELIANI NELL’ESERCITO    Video Terra!: Le stellette di Davide –

Ma i libri sul sionismo e il patriottismo che si respira nelle Mehina non sono per tutti. Nonostante uno dei più alti tassi di reclutamento al mondo, molti in Israele si rifiutano di unirsi a Tzahal. Esenti dal servizio militare sono gli arabi con cittadinanza israeliana, le donne sposate o con figli, gli ebrei ortodossi che studiano nelle yeshiva (le scuole ebraiche) o le donne religiose che scelgono il servizio civile. Esente dalla leva anche chi dichiara di essere pacifista o chi dimostra di avere problemi fisici o mentali. Pochissimi sono gli israeliani esenti perchè riconosciuti obiettori di coscienza.
Una di loro è Tamar Ze’evi 20 enne di Gerusalemme che un anno fa ha rifiutato di arruolarsi nell’esercito per motivi politici e che per questo ha trascorso 115 giorni in prigione.
 

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Da Israele arriva la app per combattere il cyberbullismo

Hanan Lipskin, Ceo di Keepers Child Safety   

“Il bullismo c’è da sempre, ma ai tempi dei nostri genitori tutto finiva una volta rientrati tra le mura di casa. Oggi il bullismo è 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Quando un bambino torna da scuola continua ad essere bullizzato attraverso gli smartphone: per lui non esistono più posti sicuri dove rifugiarsi”. Hanan Lipaskin è israeliano, ha 29 anni e fa l’ingegnere informatico a Gerusalemme. E’ lui l’anima di Keepers Child Safety la start up nata un anno e mezzo fa che ha inventato Keepers, una app per combattere il cyber bullismo: un mezzo a portata di… Continua a leggere


Caschi Bianchi: una storia tra guerra, Oscar e polemiche

I Caschi Bianchi salvano una bambina a Idlib nelle stesse ore in cui il cortometraggio White Helmets viene premiato con l’Oscar a Los Angeles (Twitter)

“La vera vittoria non è stato l’Oscar… la vera vittoria è essere riusciti a salvare anche oggi una bambina colpita dalle bombe piovute su Idlib”. A parlare è Khaled Kateeb, uno dei 3300 volontari di White Helmets, i caschi bianchi siriani, organizzazione umanitaria nata durante la guerra civile che lotta per salvare le vittime dei bombardamenti in Siria. La pellicola prodotta da Netflix che racconta le loro storie ed è stata premiata alla notte degli Oscar come miglior cortometraggio. White Helmets è una storia che parla di eroi. In 40 minuti il regista Orlando von Einsiedel racconta le esperienze di tre componenti del gruppo alternando riprese amatoriali, video… Continua a leggere


Troppi morti nelle città siriane: arrivano i cimiteri multi-piano

Cimitero Duma, Siria

Gli addetti alla costruzione del cimitero multi-piano, Duma, Siria (foto Consiglio della città di Duma)

In Siria non c’è più spazio nemmeno per i morti. Troppi i cadaveri rimasti vittima di una guerra civile che dura ormai da cinque anni e mezzo. Nei cimiteri di Duma, città a 10km a a nord-est di Damasco, è impossibile seppellire i nuovi defunti. E così i 110mila abitanti sopravvissuti alla guerra si sono inventati un nuovo modo per dare una degna sepoltura ai propri cari: costruire cimiteri su più livelli per permettere ai morti di riposare nella terra dove sono nati e cresciuti. In questa parte della Siria è impossibile pianificare la costruzione di nuovi cimiteri. Le autorità… Continua a leggere


Il musaharati, la “sveglia” del Ramadan

Yağup Kapcak, musaharati turco per le strade di Istanbul, Turchia (Oscar Durand, Istagram)

Yağup Kapcak, musaharati turco per le strade di Istanbul, Turchia (Oscar Durand, Istagram)

Il suono del tamburo riempie le vie buie della città. Yağup batte un colpo. Poi un altro. E inizia a intonare una litania che parla di Allah e dei doveri del buon musulmano. Negli stretti vicoli di Kasımpaşa, un quartiere di Istanbul, i turchi addormentati riaprono gli occhi e corrono a mangiare l’ultimo pasto prima che faccia luce. Yağup è un musaharati, il suonatore di tamburo attivo solo durante Ramadan, il mese sacro per tutti i musulmani.     Tra lunedì 6 giugno e martedì 7 è iniziato il nono mese del calendario islamico. Da allora fino al 5 luglio i buoni… Continua a leggere


Viaggio a Molenbeek, il quartiere nascondiglio dei terroristi dell’Isis

 Il punto su Bruxelles
Che sei arrivato a Molenbeek, lo capisci dalle barbe sempre più lunghe dei ragazzi poco più che ventenni che camminano con le loro jallabie marroni o bianche uno a fianco all’altro. “Sono un giornalista italiano…”, faccio a uno di loro. “E quindi?”, mi risponde il ragazzo con un tono di sfida prima di squadrarmi da capo a piedi, sputare per terra e andarsene. Benvenuti nel quartiere di Bruxelles diventato il nascondiglio dei terroristi islamici. Molenbeek, Bruxelles (Getty Images) “Non è vero nulla di quello che si dice, qui il quartiere è tranquillo”, mi racconta un signore turco appena uscito dalla… Continua a leggere