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La mossa di Trump e il rischio di un conflitto tra Israele e Iran
“Una situazione complessa”. Una frase diplomatica usata dal presidente russo Vladimir Putin per dire che in Medio Oriente si rischia una guerra regionale con esiti impossibili da prevedere. Il leader del Cremlino ha ricevuto oggi a Mosca il premier israeliano Netanyahu durante il 73esimo anniversario della Giornata della Vittoria che celebra la fine della Seconda Guerra Mondiale e la sconfitta del nazismo.
Dopo la parata nella Piazza Rossa Putin ha parlato con il premier israeliano di Siria e Iran, i due fronti caldi che rischiano di far ripiombare il Medio Oriente nel caos. Perché dopo la decisione di Trump di uscire dall’accordo sul nucleare firmato con la Repubblica Islamica nel 2015 la regione ribolle e i conflitti tra nemici storici si acuiscono. Continua a leggere
Al confine tra Israele e Libano: tra bunker antimissile, cecchini e un nuovo muro di protezione
Isaac, il sopravvissuto alla Shoah costretto a vendere accendini per le strade di Israele
Come ogni mattina Isaac si sveglia, fa colazione con la moglie Golda mentre accarezza i suoi gatti Shula e Lucky. Insieme all’inseparabile bastone esce dal suo appartamento al quarto piano di una palazzina alla periferia di Beer Sheva e, a fatica, scende le sette rampe di scale spingendo avanti a sé il carrello pieno di oggetti che spera di vendere per strada durante il corso della giornata.
“Ogni giorno, dal mattino, mi metto a vendere penne, pile e accendini per portare a casa qualche soldo in più”, racconta Isaac mentre sistema su una coperta marrone i barattoli pieni di oggetti comprati a uno shekel e rivenduti a due. “Qui a Beer Sheva c’è una grande università e molti studenti si fermano a comprare qualcosa. Al giorno porto a casa l’equivalente di 10-15 euro”.
Isaac è un superstite della Shoah, uno degli 85mila ebrei sopravvissuti all’Olocausto che vivono sotto la soglia di povertà. E a 81 anni non avrebbe mai pensato di finire a vendere accendini per strada.
Oggi Isaac è malato e non ce la fa ad arrivare a quella che chiama “la sua postazione”, il supermercato a 300 metri da casa dove tutti lo conoscono. “La gente gli vuole bene, gli compra spesso qualcosa da mangiare”, racconta la commessa Hanna. “Fa male vedere una persona con la sua storia costretta a fare l’ambulante”.
“Molti gli fanno piccole offerte”, dice Bar, giovane addetto alla sicurezza. “A quel punto lui inizia a raccontare lunghe storie sull’Olocausto e su quello che ha passato quando era in Romania durante la guerra”.
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Perché prima di diventare un povero anziano costretto a fare il venditore ambulante per comprarsi da mangiare Isaac ha provato sulla sua pelle la vera sofferenza: aveva 8 anni quando la seconda guerra mondiale ha sconvolto la sua vita e quella della sua famiglia.
Nazionalisti, pacifisti, bamboccioni e ultraortodossi: giovani israeliani alle prese con la leva militare
Eden e Neriya parlano del loro futuro con occhi sognanti: tra pochi mesi lasceranno le loro famiglie per andare a combattere con Tzahal, l’esercito israeliano. Saranno tre anni di servizio militare per Neriya, due per Eden. “Non abbiamo paura, ora tocca alla nostra generazione difendere la nostra terra”.
I due ragazzi, entrambi 18 enni, raccontano i loro sogni seduti dentro l’aula di una Mehina (una scuola preparatoria alla carriera militare) mentre tengono tra le mani il loro libro preferito, un volume azzurro sulla storia del Sionismo. Questa scuola si trova a Kfar Adumim, in una terra che gli israeliani chiamano Giudea, che i palestinesi chiamano Palestina e che la comunità internazionale definisce territorio occupato.
Eden e Neriya fanno parte di quella fetta della società israeliana che crede fortemente nei valori della patria e che non vede l’ora di servire il proprio paese così come hanno fatto in passato fratelli, sorelle e prima ancora i genitori.
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